Pinacoteca
OLTRE AL VEDERE
Un’esperienza multisensoriale pensata per rendere maggiormente fruibili i grandi capolavori della storia dell’arte a persone cieche e ipovedenti.
Francesco Petrarca raccolse, nel corso della sua operosa vita di studioso, una biblioteca invidiabile, aperta agli amati classici e ai Padri. Ricercò testi fino ad allora poco diffusi; intrecciò relazioni che gli consentirono di incrementare progressivamente i volumi del proprio armarium. Con le sue note di lettura, le collazioni e le congetture affidate ai margini dei suoi libri rinnovò la circolazione di molte opere poco frequentate nel Medioevo: esemplare il caso delle Decadi di Tito Livio e di alcune orazioni di Cicerone, come la Pro Archia. Il più celebre manoscritto che gli appartenne, il Virgilio Ambrosiano, per la ferma volontà del cardinale Federico Borromeo fu acquisito per la Biblioteca Ambrosiana.
La fama del codice è legata all”‘allegoria virgiliana”, miniatura del pittore senese Simone Martini, voluta da Petrarca come deliziosa anticamera al volume, e, soprattutto, a quelle otto righe, sul verso del foglio di guardia anteriore, in cui egli rammentò il fato di Laura; proprio in questa commossa e letteratissima nota obituaria Petrarca confermò ai posteri che quello era il libro che spesso tornava sotto i suoi occhi, qui sepe sub oculis meis redit. E in un certo senso fu il libro che ebbe più caro, tanto da accreditare la leggenda che egli morisse reclinando il capo proprio su quelle pergamene da lui fittamente annotate nel corso della sua vita. Il manoscritto trasmette Bucoliche, Georgiche ed Eneide di Virgilio, accompagnate dall’esegesi di Servio, ff. 2r-233r; seguono l’Achilleide di Stazio con accessus e commento, ff. 233v-248v, quattro odi di Orazio (II 3, II 10, II 16 e IV 7), con il commento dello pseudo Acrone e glosse di origine medievale, ff. 249r-250v, e due spiegazioni al Barbarismus, terzo libro dell’Ars maiordi Elio Donato, ff. 25lr-269v.
A questo grande libro Petrarca affidò un numero impressionante di postille, che assommano a quasi 2500: dal 1338 al 1374, come testimoniano le differenze nella scrittura, Francesco non cessò mai di affidare ai margini del suo monumentale volume le proprie riflessioni.