Pinacoteca
OLTRE AL VEDERE
Un’esperienza multisensoriale pensata per rendere maggiormente fruibili i grandi capolavori della storia dell’arte a persone cieche e ipovedenti.
Il cardinale Federico Borromeo nutriva un interesse particolare per questo offiziolo, quasi un ricordo di famiglia. Vi riconosceva infatti gli stemmi della casata e i ritratti dei due committenti, suoi avi, che identificava per quelli del conte Giovanni III Borromeo (1439-95) e della moglie Cleofa Pio da Carpi, nel bas-de-page della miniatura che introduce il mattutino nell’Officio della Vergine (f. 16r).
Il libro d’ore è riccamente miniato, anche nei fregi, spesso su foglia d’oro, con eleganti filigrane nei margini, eseguite a penna in molti fogli. Un codice che vanta la firma di un maestro tra i più noti dell’età sforzesca in Lombardia, Cristoforo de Predis (1443- 45 ca-ante 24 gennaio 1486). Il suo nome compare infatti a f. 15v nel foglio con il Matrimonio della Vergine che reca nei margini gli stemmi della famiglia, il morso d’argento in campo rosso (oggi quasi non più leggibile) e il leone rampante su campo azzurro e al centro l’impresa del cammello adagiato con sulla gobba la corona piumata. Un matrimonio che allude a un altro matrimonio, quello di Isabella Borromeo con Francesco Attendolo Bolognini. L’offiziolo potrebbe essere stato realizzato negli anni 1480-85 come splendido dono per le seconde nozze di Isabella. Il libro d’ore, per definizione il libro della pietà dei laici, figura spesso come dono nuziale e non sorprende trovarlo menzionato, insieme a pochi altri libri di devozione, nell’inventario dotale di molte fanciulle della borghesia e dell’aristocrazia milanese. Lo stesso Cristoforo de Predis era stato chiamato dalla famiglia Borromeo a realizzare altri due offizioli, per Francesco e Vìtaliano, tra il 1471 e il 1474, purtroppo non identificati o al momento dispersi, ma documentati nei libri mastri della famiglia.