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INTORNO A UN CODICE 2025
Una serie di incontri su codici Ambrosiani legati alla figura di Giovanni Boccaccio
Il cardinale Federico Borromeo nutriva un interesse particolare per questo offiziolo, quasi un ricordo di famiglia. Vi riconosceva infatti gli stemmi della casata e i ritratti dei due committenti, suoi avi, che identificava per quelli del conte Giovanni III Borromeo (1439-95) e della moglie Cleofa Pio da Carpi, nel bas-de-page della miniatura che introduce il mattutino nell’Officio della Vergine (f. 16r).
Il libro d’ore è riccamente miniato, anche nei fregi, spesso su foglia d’oro, con eleganti filigrane nei margini, eseguite a penna in molti fogli. Un codice che vanta la firma di un maestro tra i più noti dell’età sforzesca in Lombardia, Cristoforo de Predis (1443- 45 ca-ante 24 gennaio 1486). Il suo nome compare infatti a f. 15v nel foglio con il Matrimonio della Vergine che reca nei margini gli stemmi della famiglia, il morso d’argento in campo rosso (oggi quasi non più leggibile) e il leone rampante su campo azzurro e al centro l’impresa del cammello adagiato con sulla gobba la corona piumata. Un matrimonio che allude a un altro matrimonio, quello di Isabella Borromeo con Francesco Attendolo Bolognini. L’offiziolo potrebbe essere stato realizzato negli anni 1480-85 come splendido dono per le seconde nozze di Isabella. Il libro d’ore, per definizione il libro della pietà dei laici, figura spesso come dono nuziale e non sorprende trovarlo menzionato, insieme a pochi altri libri di devozione, nell’inventario dotale di molte fanciulle della borghesia e dell’aristocrazia milanese. Lo stesso Cristoforo de Predis era stato chiamato dalla famiglia Borromeo a realizzare altri due offizioli, per Francesco e Vìtaliano, tra il 1471 e il 1474, purtroppo non identificati o al momento dispersi, ma documentati nei libri mastri della famiglia.