Il 28 gennaio alle 18.00 presso la Pinacoteca Ambrosiana Giuseppe di Napoli presenta il volume Leonardo. Lo sguardo infinito, edizioni Einaudi.
Intervengono Tullio Pericoli e Monsignor Alberto Rocca.
Ovunque posasse lo sguardo, Leonardo agiva unicamente per illuminare di appassionata conoscenza l’oggetto della propria attenzione. Quello che egli definiva esperienza era un processo che aveva inizio nell’occhio e proseguiva nel disegno e nella pittura. Queste due attività erano concepite e praticate in continuità l’una con l’altra, come due fasi di un’unica indagine incentrata sulle insuperabili attività del proprio occhio. Un occhio insaziabile, perennemente focalizzato sulle forme infinite e sugli ineffabili fenomeni che la natura gli proponeva di osservare, figurare e descrivere. Questo libro sottolinea la modernità dello sguardo leonardesco, e documenta in tutte le sue declinazioni l’insaziabile curiosità e desiderio di onniveggenza del grande artista e scienziato, derivati dall’insofferenza per la vaghezza della percezione ordinaria e, di converso, dalla consapevolezza dell’impossibilità di vedere per intero una cosa e di accedere ai segreti ultimi della sua natura interna. Lo sfumato sarà dunque lo spazio fluido attraversato da indeterminabili passaggi dalla luce alle tenebre, nel quale si inverano continue fusioni del finito con l’infinito, del visibile con l’invisibile, del singolare con l’universale, che rivendicano all’occhio l’esercizio di uno sguardo altrettanto infinito.
«Per il genio di Vinci, infatti, il disegno non si limitava a riprodurre unicamente quanto l’occhio ha già visto in precedenza, ma doveva far vedere ciò che non appariva visibile o che non si riusciva a vedere. In breve, cosí come per il pittore toscano la pittura non era una pratica manuale, ma essenzialmente mentale, allo stesso modo anche il disegno non era una mera tecnica grafica, bensí un’attività conoscitiva ed esplorativa quanto quella operata dallo sguardo: le funzioni che svolgeva il vedere erano sostanzialmente le stesse che svolgeva anche il disegnare in perfetta e intercambiabile sintonia. A seconda della natura del problema o del fenomeno che stava studiando, e in modo del tutto strumentale al raggiungimento del fine conoscitivo che si prefiggeva, la mano poteva seguire l’occhio, cosí come l’occhio poteva seguire la mano: questa disegnava ciò che l’occhio stava vedendo, oppure l’occhio vedeva e comprendeva in virtú di quello che la mano stava disegnando e rendendo visibile. Cosí come “l’opere che l’occhio comanda alle mani sono infinite”, allo stesso modo è il “disegno a dare con dimostrativa forma a l’occhio”».